Cronaca

Un bambino di 7 anni arrestato a New York

Arrestato bambino di 7 anniDagli Stati Uniti arrivano spesso notizie al tempo stesso sorprendenti e inquietanti. L’ultima in ordine di tempo ce la regala New York, con un bambino di 7 anni arrestato per un’accusa di violenza e furto.

Secondo quanto riportato dai media statunitensi, gli agenti della polizia della Grande Mela hanno fermato il bambino in una scuola del quartiere del Bronx. Il fermo è stato deciso in seguito alla denuncia di una coppia che lo accusava di aver aggredito il loro figlio di 9 anni per rubargli una banconota da 5 dollari.  Il bambino sarebbe stato interrogato per 4 ore in un locale della scuola, ammanettato e poi portato in centrale per essere sottoposto ad altre 6 ore di domande, pressioni e minacce. Dopo il rilascio, la madre del piccolo ha denunciato la città di New York e la polizia, accusando gli agenti di abusi verbali, emotivi e fisici, minacce e diffamazione e chiedendo un risarcimento di 250 milioni di dollari. Secondo alcune fonti, il bambino non avrebbe commesso alcun furto: la banconota sarebbe caduta dalle mani del compagno di scuola, e un terzo bambino se ne sarebbe impossessato raccogliendola per terra.

La polizia ha replicato sostenendo che il bambino di 7 anni arrestato sarebbe stato trattenuto per non più di un’ora e 40 minuti e trattato con la massima cautela. Avrebbe avuto la possibilità di mangiare una pizza e vedere la madre, prima del rilascio.

La polizia ha aperto un’inchiesta interna, ma accusa la madre del piccolo e il loro legale di aver distorto i fatti, raccontando una storia di fantasia che non corrisponderebbe alla verità. Altre fonti, indicate come vicine alla polizia, precisano che il presunto ladro da tempo perseguitava il compagno di scuola. Si tratterebbe di un bambino problematico, per il quale la famiglia della vittima del furto aveva già chiesto l’intervento degli insegnanti, a causa di precedenti episodi di bullismo.

Il bambino di 7 anni arrestato a New York  fa discutere l’America sulla questione della formazione e della preparazione delle forze di polizia, ma anche sul problematico comportamento di troppi bambini e sull’educazione loro impartita dalle famiglie.

Apparentemente, anche i bambini, purché maggiori di 6 anni, possono essere ammanettati, arrestati e processati negli Stati Uniti.

Di certo, episodi di bullismo non sono estranei neppure alle nostre scuole, e affrontarli, quando le famiglie non mostrano un pizzico di saggezza, è impresa difficile per tutti. Forse, il lato più sorprendente della vicenda è la pubblicazione su molte testate delle generalità e delle fotografie del bambino di 7 anni arrestato a New York. In Europa, difficilmente sarebbe accaduto.

Sarà comunque un giudice a stabilire come sono andate realmente le cose.
Nell’attesa, non resta che la speranza di non dover più parlare dell’arresto di un bambino di 7 anni.

Puzzano troppo, cacciati dal museo

OrsaySabato scorso, il celebre museo d’Orsay di Parigi ha vissuto una giornata decisamente particolare.

A dicembre dello scorso anno, Aurélie Filippetti, ministra francese, per la cultura aveva deciso di regalare a 400 famiglie in condizioni di fragilità economica una visita guidata ai più importanti musei di Parigi.

Una di queste famiglie, in visita al museo come tante altre, è stata cacciata, per una questione di odori.

Una delle guardie li ha invitati ad andarsene, indicando che gli altri visitatori si erano lamentati della puzza. Ad accompagnare la famiglia, c’era uno dei volontari dell’associazione “Agire tutti per la dignità“: ha obiettato che nessuno si era lamentato e che nessuna norma del regolamento vietava l’accesso ai poveri. Davanti alle sue proteste, quattro agenti privati hanno condotto la famiglia e il loro accompagnatore in una piccola sala, costringendoli a lasciare il museo.

Dopo l’episodio, sollecitata dal quotidiano Le Figaro, la direzione del museo si è detta rammaricata dell’accaduto e della “goffaggine” degli addetti alla sicurezza.

Ustica: dopo 33 anni, la condanna per lo Stato italiano

Caso Ustica in CassazioneLa Corte di Cassazione ha pronunciato la prima sentenza definitiva di condanna sulla strage di Ustica.
Lo Stato italiano dovrà risarcire le vittime della tragedia, perché ritenuto colpevole di non aver saputo controllare adeguatamente cosa accadeva sui nostri cieli.

Si tratta di una sentenza storica, che conferma le conclusioni cui era giunta la Corte d’Appello di Palermo nel 2010.

A colpire il DC-9 Itavia, fu un missile, non una bomba a bordo come sostenuto a lungo da molti politici, dirigenti e militari.

Probabilmente, non si arriverà invece mai all’individuazione e alla punizione di chi, in questi anni, col proprio comportamento attivo e omissivo, ha reso tanto difficile l’accertamento della verità sulla strage di Ustica.

Quel 27 giugno 1980, ci fu dunque una battaglia sui cieli italiani. Uno o più caccia lanciarono almeno un missile e colpirono un aereo civile con a bordo 81 persone. Secondo le tesi più ricorrenti, l’obiettivo del missile sarebbe stato un aereo sul quale si trovava l’ex dittatore libico Gheddafi. Alcune ricostruzioni indicano che l’ex rais sarebbe stato avvertito dell’attacco dai servizi segreti italiani. Un’ipotesi, questa, che sembra destinata con tutta probabilità a non essere mai né confermata, né pienamente smentita.

Resta un’altra domanda, che raramente ci si pone. Cosa sarebbe successo se quel missile avesse centrato il suo obiettivo originario?
Esistevano dei piani per giustificare davanti all’opinione pubblica un simile atto di guerra sui cieli italiani?